Preghiera e Liturgia

San Giovanni Calabria 8 ottobre 2023

btyLe due notti di don Giovanni Calabria.
 
Ricorrono quest’anno 150 anni dalla nascita di San Giovanni Calabria e le Congregazioni da lui fondate sono in festa, insieme con tutta la città. Nella vita di Don Calabria troviamo due notti che sono piene di luce e vita; due notti che hanno cambiato la sua vita rendendola nuova: da quella esperienza, da quelle due notti è nata l’ Opera dei Buoni Fanciulli. Due notti che fanno scoprire il volto di Dio Padre scritto tra le righe del Vangelo e dipinto nel volto di un bambino. Queste due notti ci dicono che spesso la benedizione di Dio Padre arriva nella nostra vita in forma di persone fragili e bisognose di affetto, pane e pace.

Ascolteremo questi due racconti e li faremmo dialogare tra di loro. I due racconti si complementano e danno una cornice nuova alla vita di Don Calabria. Sono racconti di un incontro con Gesù, un incontro come è capitato a noi. Quello che capitò anche a Don Calabria.

La compassione illumina la notte..
È una tarda sera del novembre 1897, sono le 22,30. Il Chierico Giovanni Calabria ritorna dalla visita fatta ad un giovanotto dell’Oratorio di San Lorenzo, Giovanni Maragnoli, gravemente ammalato. È buio e freddo. In quel tempo il Calabria abitava in Piazzetta Scalette Rubiani. Giunti al cancelletto d’ingresso, crede d’intravedere per terra un mucchio di stracci. Si china... da quegli stracci arriva al suo orecchio un qualcosa di vivo: un respiro regolare; è un bimbo che dorme. Col cuore che batte più forte, le pupille dilatate e il volto teso a una scoperta, scuote dolcemente il bimbo che si sveglia. In quel viso smunto, in quegli occhioni che lo fissano, riconosce nonostante l’oscurità, il piccolo mendicante che in Corso Castelvecchio chiede l’elemosina ai passanti mostrando il topino ammaestrato che sa estrarre il «Pianeta della fortuna» coi numero del lotto. Quante volte si era fermato con lui, per dirgli una buona parola, per fargli l’elemosina! Se l’era fatto amico, e il bimbo aveva fiducia in lui.
«Che fai qui, a quest’ora?».
«Mi hanno battuto, mi battono sempre!...»
«Chi ti batte? Perché?»
«Mi dicono che vada a lavorare, che non son buono a nulla; vogliono che porti a casa tanti soldi ogni sera, se no, son botte... Anche oggi le ho prese... E allora son scappato, e ho detto: andrò dal “pretino”».
Il singhiozzo interrotto e soffocato si trasformava ora in uno scroscio di pianto, come di cascata irrefrenabile. Ce n’era già di troppo per commuovere il cuore del «pretino». D’altra parte, a quell’ora, a chi rivolgersi? Dove bussare? «Vieni dentro; vieni con me, intanto». Lo condusse in casa tenendolo per mano, mentre nell’altra il bimbo teneva stretta la gabbietta col topolino ammaestrato e la scatola dei pianeti coi numeri del lotto. La mamma non mosse lamento. La magra cena apparecchiata venne divisa in due. Poi, aggiustato il suo materasso su tre sedie, Giovanni vi collocò il bimbo. Lui, s’accontentò del pagliericcio.

Noi stiamo vivendo l’Anno Giubilare Calabriano, celebrando il 150’ della nascita del nostro Fondatore. Se il Giubileo non tocca la vita, non è giubileo. Il Giubileo sarà santo se scriveremo la nostra pagina, la nostra riga, il nostro frammento di un racconto amoroso, con le nostre mani. Vedere, fermarsi, toccare sono tre semplici gesti; gesti che rappresentano la prima stella della notte. Ma se è vero che la notte comincia con la prima stella, è vero anche che il mondo nuovo comincia sempre con un samaritano buono.

A far eco poi alla notte del samaritano, c’è un’altra notte importante dove il giorno che inizierà sarà anche l’inizio di un mondo nuovo per la vita di San Giovanni Calabria.

Parola di luce nella notte: c'è un Padre che mi ama.
L’esperienza di quella notte insonne, nella quale  «scoprì » il Vangelo, non lo lasciò più; fu una notte piena di luce, come di rivelazione tutta per lui, proprio per lui, e vi uniformerà tutta la vita. Sentiamo come la descrive Mons. Chiot nella sua commemorazione di trigesimo. «È dei primi anni di apostolato del Nostro un episodio raggiante come i fioretti di San Francesco. Don Giovanni m’inviò un biglietto: “Domani aspettami verso le dieci, ho proprio bisogno di parlarti”. Venne all’ora precisa: chiesi: “c’è qualche disgrazia? ...mi lasciò inquieto il tuo biglietto”.
“Tutt’altro che disgrazia, ti devo dire una cosa grande”.
“Una cosa grande?!...”
“Ho letto tutto il Vangelo”.
“Non è gran che. Quale prete non l’ha letto, il Vangelo?”
“Mi spiego; anch’io lo lessi e lo predicai, ma ieri l’altro dopo un giorno amaro, non riuscendo a dormire, presi in mano il Vangelo e lo lessi tutto, così gli Atti degli Apostoli, tutto in una notte. E ne ebbi una sensazione insolita: che gran cosa il Vangelo! ... Ne restai ammirato, stordito, senti.. senti... E voltava pagine a salto, segnate in margine a matita. “Senti... Non vi affannate per il cibo: gli uccelli non seminano ne’ mietono, e il Padre mio li pasce. Non vi angustiate per il vestire: il giglio del campo non tesse la tela e veste meglio di una regina”. In un’altra pagina, aveva segnato le Beatitudine, sublimazione dell’uomo nel Regno di Dio. Mi mostrò annotato anche il detto: “Se avrete tanta Fede quanti un granello di senape, direte a questo monte: portati in la’, e il monte si scosterà al vostro cenno”. Egli aveva segnati i paradossi del Vangelo, detti paradossi perché così in antitesi con le massime del mondo da sembrare irrealizzabili, ma i Santi, per essi, hanno vinto il mondo. Quando più tardi lessi sul frontone dell’Istituto di San Zeno la scritta esultante di fede nella Provvidenza che pasce e veste ogni creatura, ricordai quel colloquio. Don Calabria aveva scoperto il Vangelo».

L’esperienza della paternità di Dio lo ha interamente conquistato, e il Vangelo ne è la rivelazione. Gli uomini chiudono gli occhi a questa luce e si affannano nelle loro tenebre ad «alzare di un cubito la loro statura». Antepongono al Regno di Dio la città di Satana, dimenticando l’«unum necessarium». E non trovano pace, e non gustano gioia, e vivono isolati, negandosi all’amore. L’incontro fondamentale con il Vangelo San Giovanni Calabria l’ebbe con quello di Matteo al Cap. 6, vv. 24-34: In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’una e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete».
 
Per Don Calabria, questa è la vera provvidenza di Dio! Non un’affermazione che ci spinge al disimpegno, che ci invita solo ad un’attesa passiva dell’intervento di Dio, che ci induce all’irresponsabilità, ma una fede che ci fa credere all’essenziale, liberandolo da tutto ciò che ostacola la pienezza della vita. Qui stava il fondamento della sua fiducia in Dio, fiducia come atto semplice di adesione, come capacità di contare su di lui e abbandonarsi al suo amore. Il discepolo deve bandire da sè il tipico atteggiamento dell’uomo religioso pagano: non moltiplicare le preghiere per essere esaudito, non affaticare Dio con richieste insistenti cfr. anche Mt 6,7-8, non vivere con angoscia e paura davanti a lui, ma semplicemente lasciare c’è Egli si manifesti come un Padre che ama anche chi non lo merita, chi non è capace di meritare il suo amore.

Bisogna far risplendere la luce in noi, lasciare vivere il Vangelo tramite il nostro corpo; far toccare con mano l’amore e l’interessamento di Dio Padre per i suoi figli: cerchiamo il Regno di Dio e la sua giustizia: nell’adempimento del dovere quotidiano, nella carità, nella vita di grazia e di preghiera; e quel Dio che nutre gli uccelli e i pesci, che veste i gigli del campo, avrà cura, secondo la sua parola, dei poveri figli degli uomini. Possiamo dire allora che San Giovanni Calabria,  ha dato alla sua vita una configurazione nuova, filiale e fraterna; tra le righe del Vangelo, Giovanni Calabria, ha incontrato Dio Padre; nel bambino, Giovanni Calabria ha incontrato il fratello, il Vangelo scritto nella carne.

Don Massimiliano Parrella,
Casante dell’Opera don Calabria.

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