Preghiera e Liturgia

Ascensione 2023

2Ascensione2023Lui ci attende! Il premio ci attende!
Viviamo da forti per conquistarlo.

 
«Riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» At 1,8. Con queste parole, Gesù si congeda dagli Apostoli. L’autore sacro aggiunge che «mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi» At 1,9. È il mistero dell’Ascensione, che solennemente celebriamo. Ma cosa intendono comunicarci la Parola di Dio e la liturgia dicendo che Gesù «fu elevato in alto?». Si comprende il senso di questa espressione non a partire da un unico libro del Nuovo Testamento, ma nell’ascolto di tutta la Sacra Scrittura.

L’uso del verbo «elevare» fonda le sue origini nell’Antico Testamento, ed è riferito al momento in cui si insedia un re. L’Ascensione di Cristo significa dunque, in primo luogo, l’insediamento del Cristo crocifisso e risorto nella regalità di Dio sul mondo.
C’è però un senso più profondo, non percepibile immediatamente. Nella pagina degli Atti degli Apostoli si dice dapprima che Gesù fu «elevato in alto» e dopo si aggiunge che «è stato assunto». L’evento è descritto non come un viaggio verso l’alto, ma come un’azione della potenza di Dio, che introduce Gesù nello spazio della prossimità divina. La presenza della nuvola che «lo sottrasse ai loro occhi» richiama un’antichissima immagine della teologia dell’Antico Testamento ed inserisce il racconto dell’Ascensione nella storia di Dio con Israele, dalla nube del Sinai e sopra la tenda dell’alleanza del deserto, fino alla nube luminosa sul monte della Trasfigurazione. Presentare il Signore avvolto nella nube evoca lo stesso mistero espresso dal simbolismo del «sedere alla destra di Dio». In Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell’intimità di Dio; l’uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il «cielo»: questa parola cielo, non indica un luogo sopra le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indica Cristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e uomo sono per sempre inseparabilmente uniti. L’essere dell’uomo in Dio, questo è il cielo. E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui. Pertanto, la solennità dell’Ascensione ci invita a una comunione profonda con Gesù morto e risorto, invisibilmente presente nella vita di ognuno di noi.

In questa prospettiva comprendiamo perché Luca affermi che, dopo l’Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme «pieni di gioia». La causa della loro gioia sta nel fatto che quanto era accaduto non era stato in verità un distacco, un’assenza permanente del Signore: anzi essi avevano ormai la certezza che il Risorto era vivo, ed in Lui erano state per sempre aperte all’umanità le porte di Dio, le porte della vita eterna. In altri termini, la sua Ascensione non comportava la sua assenza dal mondo, ma piuttosto inaugurava la sua nuova e definitiva presenza, per la sua partecipazione alla potenza regale di Dio. Toccherà proprio a loro, ai discepoli, resi arditi dalla potenza dello Spirito Santo, renderne percepibile la presenza con la testimonianza, la predicazione e l’impegno di vita cristiana.

La solennità dell’Ascensione dovrebbe colmare anche noi di serenità e di entusiasmo, proprio come avvenne per gli Apostoli, che dal Monte degli Ulivi ripartirono «pieni di gioia». Come loro, anche noi, accogliendo l’invito dei due uomini «in bianche vesti», non dobbiamo rimanere a fissare il cielo, ma, sotto la guida dello Spirito Santo, dobbiamo andare dappertutto e proclamare l’annuncio di salvezza della morte e risurrezione di Cristo. Ci accompagnano e ci sono di conforto le sue stesse parole, con le quali si chiude il Vangelo secondo Matteo: «Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» Mt 28,19.

Il mistero della risurrezione e dell’ascensione del Cristo ci aiuta a riconoscere e a comprendere la condizione trascendente della Chiesa, che non è nata e non vive per supplire all’assenza del suo Signore scomparso, ma al contrario, trova la ragione del suo essere e della sua missione nella permanente anche se invisibile presenza di Gesù, una presenza operante mediante la potenza del suo Spirito. In altri termini, potremmo dire che la Chiesa non svolge la funzione di preparare il ritorno di un Gesù «assente», ma, al contrario, vive ed opera per proclamarne la «presenza gloriosa» in maniera esistenziale. Dal giorno dell’Ascensione, ogni comunità cristiana avanza nel suo itinerario terreno verso il compimento delle promesse, alimentata dalla Parola di Dio e nutrita dal Corpo e Sangue del suo Signore. Questa è la condizione della Chiesa – ricorda il Concilio Vaticano II - mentre «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e morte del Signore fino a che Egli venga» LG 8.

La solennità di oggi ci esorta a rinsaldare la nostra fede nella reale presenza di Gesù nella storia; senza di Lui nulla possiamo compiere di efficace nella nostra vita.
La Liturgia della Chiesa, ogni giorno, nella celebrazione eucaristica ripete un invito, che sembra proprio intonato alla festa di oggi: «Sursum corda!». In alto i cuori! In alto le nostre aspirazioni, i nostri desideri, i nostri ideali! È certamente più faticoso salire che discendere, ma quanto più si sale, tanto più ampio è l’orizzonte, tanto più entusiasmante lo spettacolo, tanto più pura l’atmosfera e più chiaro il raggio del sole. Così nell’ascesa della virtù cristiana sono più difficili i primi sforzi, ma poi diventa dolce il salire, alacre la volontà di bene, limpida la visione delle realtà divine e sopra i nostri sensi umani, ineffabile la gioia di ogni conquista, sempre più certo il raggiungimento della meta. E la meta è Dio. Potrebbe sembrare follemente presuntuosa questa aspirazione, se Egli stesso non l’avesse autorizzata:
«Io stesso sarò la tua ricompensa, inestimabilmente grande» e se salendo al cielo non ci avesse detto: «Vado a prepararvi un posto».

Lui ci attende!
Il premio ci attende!
Viviamo da forti per conquistarlo.

Sia lodato Gesù Cristo.

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