Cristo Re 20 Novembre 2016

Cristo Re Anno C 2016

Trentaquattresima puntata. 
Che cos'accadrà? Quali colpi di scena ci rivelerà l'ultimo Vangelo di questo anno in compagnia di Luca? La storia del nostro grande eroe, del personaggio che abbiamo amato per più di cinquanta settimane, di colui che ci ha appassionato con le sue parole, i suoi gesti miracolosi, le discussioni... dove ci condurrà oggi?

Insomma, bisogna finire in bellezza! Ovvio, siamo anche nell’Anno Santo della Misericordia…anzi proprio oggi ne celebriamo la solenne conclusione.

Sì, perché è certamente singolare e paradossale questa festa. Nella nostra millenaria tradizione è una delle ultime arrivate. Correva l'anno 1925 quando Pio XI istituì la Solennità di Cristo Re dell'universo. Anni in cui nel mondo altri sognarono di essere re dell'universo. Forse anche per contrastare queste figure dittatoriali fu decisa questa solennità. 
Che cosa abbiamo dunque da mostrare, come contraltare, alla potenza e alla forza di quegli stati? Come far vedere la forza ben più grande di quelle infinite e pompose parate militari? Che entrino le armate del nostro re! Mamma mia, siamo messi male! Perché la regalità di Cristo è spiegata tutta nella sua Passione. È proprio in queste pagine che viene fuori la regalità di Gesù: l'entrata solenne in Gerusalemme - puoi capire…sopra un asino!! -, il processo che lo vede sconfitto e condannato, nonostante egli stesso si dichiari re... ma non di questo mondo! 
 Sta morendo e lo deridono tutti, lo prendono in giro: «Guardatelo, il re!» Sono scandalizzati i devoti, gli uomini religiosi: ma che Dio è questo che lascia morire il suo eletto? Si scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re usa la forza! «Salva, salva, salva te stesso!» per tre volte. C'è forse qualcosa che vale più di aver salva la vita? Sì. Qualcosa vale di più: l'amore vale più della vita. E appare un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di spine che muore ostinatamente amando; un re che noi possiamo rifiutare, ma che non potrà mai più rifiutare noi. 


E Dio si mette in gioco, si gioca il tutto per tutto per conquistare l'uomo. C'è un malfattore, uno almeno che intuisce e usa una espressione che rivela: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena... Dio sulla stessa croce dell'uomo, Dio accanto alla passione di ogni uomo. Che entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Perché il primo dovere di chi ama è di essere con l'amato. Costui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida semplice perfetta: niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all'ultimo non di sé ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno. E Gesù non si ricorda, fa molto di più, lo porta con sé, se lo carica sulle spalle come fa il pastore con la pecora perduta e ritrovata, per riportarla a casa, nel regno: sarai con me! Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha virtù da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virtù. Guarda alla povertà, al bisogno, come un padre o una madre guardano al dolore e alle necessità del figlio. 
Sarai con me: la salvezza è un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso è quest'uomo dalla vita sbagliata, che però sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte del cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Gesù come loro compagno di pena, come loro compagno d'amore, qualunque sia il loro passato: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo.

Ma che ce ne facciamo di un re non di questo mondo?
Dove sta questa regalità di Gesù?
Non mette in crisi anche noi oggi questo re?
Non mette in crisi anche la nostra chiesa?
D'altronde il Vangelo ci ha accompagnati per un anno e per tante settimane ci ha spronati alla conversione! Vuoi che non lo faccia anche l'ultima domenica? Che pagina quella di Luca! Abbiamo imparato a conoscere questo evangelista che ci ha condotti al volto di un Dio imprevedibile. Quante volte Gesù ha mischiato le carte e giocato il suo asso finale! Ostinato, fino alla fine. Non vuole essere frainteso. Non su una cosa. Non sull'amore, non sul volto di un Dio che è perdono. Sempre. E così Luca ci mostra ancora una volta come gira il mondo, anche tra i cristiani, anche tra di noi! Uno dopo l'altro, passando ai piedi della croce, come un coro a più voci, hanno un solo pensiero per la testa: salva te stesso! Senti Gesù, qui non si sta più scherzando! Lo capisci? Non siamo più al processo. Ma te ne accorgi di essere appeso? Di avere ancora pochi minuti? Di morire in mezzo a due briganti, a due ladri? Senti, non scherziamo. Ok, sei stato fedele a Dio, quasi fino alla morte. Bravo! Ti crederemo. Ma scendi! Salvati! Altrimenti come faremo? Alla fine conta salvarsi, tutto il resto viene dopo. Logico, umano, ragionevole, comprensibile. Puoi rischiare, lottare, combattere per i tuoi ideali... ma se ne va di mezzo la vita, salvati! Salvati, salvami, salviamoci. Logico per tutti, ma non per Gesù. E non perché è semplicemente fedele ad un principio. No, Gesù non muore per la fedeltà ad un ideale. Muore per amore. Per salvare non se stesso, ma te e me! E comincia subito, dal suo vicino di croce!

Gesù cala l'asso, anche questa volta! Quell'uomo capisce, all'ultimo istante della sua vita, che lì c'è uno che non ha fatto niente di male. C'è uno che non ha vissuto la vita per salvarsi, non ha giocato in difesa, si è donato, sempre, fino alla fine. “Ricordati di me”. È anche la mia preghiera, Gesù, al termine di questo anno. Ricordati di me... nonostante il mio passato, il mio anno, i miei giorni rubati, le mie relazioni non sempre vere ed autentiche, nonostante il mio male e il mio peccato, nonostante forse le mie poche preghiere e la mia poca carità... Ricordati di me... Neppure alla fine riesci a pensare a te stesso, a regalarti un ultimo respiro, in pace... 
Oggi sarai con me nel paradiso... Il nostro anno finisce qui, ed è da qui che si ricomincerà ancora una volta! Oggi Dio è amore, oggi Dio è la nostra unica speranza e la nostra unica salvezza.

Se questa è la nostra certezza, allora sì che possiamo davvero concludere con tutta la Chiesa il nostro Giubileo della Misericordia, voluto con tanta forza da Papa Francesco.

Misericordes sicut Pater!
Misericordiosi come il Padre!

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