XVIII del Tempo Ordinario 31 Luglio 2016

XVIII DomTO C 2016Eccoci qui, all'inizio di agosto, nel cuore dell'estate, tra il caldo e la voglia di riposo, tra escursioni sui monti e gite al mare... Eccoci, dopo le domeniche del Buon Samaritano, di Marta e Maria e del Padre Nostro, a sentirci interpellati su denaro ed eredità… e poi in un tempo di crisi economica come questo. Ed ecco che, come un temporale inaspettato nella calura estiva giunge oggi il Vangelo con la parola forte di Gesù sull'uso della ricchezza.

Il brano di oggi è inserito nel capitolo 12 di Luca, dove l'evangelista mette insieme una serie di detti di Gesù, rivolti ai discepoli e alla folla. È infatti di là che la voce di un uomo si alza per chiedere a Gesù di porsi, come giudice, tra lui e suo fratello per la questione dell'eredità. Gesù rifiuta di assumersi questo compito: il denaro infatti non dà la vera ricchezza, non è fonte di vita. Già Maria aveva esaltato Dio che "ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote" cfr. 1,53. In questa linea si pone la parabola di oggi, ispirata al mondo agricolo. Il ricco che desidera arricchirsi sempre di più, come ogni uomo avido, sbaglia, fino a diventare "stolto" poiché si illude di assicurare la sua vita con il semplice possesso dei beni. Egli non tiene conto che la sua vita può finire da un momento all'altro. 
A questo proposito bene si addicono le parole del Salmo 49: "L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono" Ma il senso della parola di Gesù è anche un altro: se sei nella ricchezza non pensare ad accumulare sempre più, ma inizia a donare sempre più. Il vero ricco non è colui "che ha" ma colui "che dà". 
 Il Vangelo riprende le immagini del testo del Qoelet, libro sapienziale scritto da un saggio ebreo vissuto verso la fine del III secolo a.C. Nella ricerca del senso della vita, Qoelet avverte profondamente la "vanità di tutto", cioè la non consistenza e la non comprensibilità della vita e delle cose. Il termine "vanità" - in ebraico hevel - potrebbe essere tradotto con "soffio" e ha assonanza con il nome di Abele, anch'egli soffio di vita, esistenza troncata in un attimo dall'invidia di Caino. La vita è un insieme di fatiche inutili. Ti alzi presto, vai a letto a orari indecenti... e durante la giornata ti dai da fare come un forsennato per costruire qualcosa, per guadagnare un po' di soldi per mangiare, ma anche per risparmiare e per concederti qualche sano svago, e poi d'improvviso ti fermi a pensare e ti accorgi che quello che hai fatto ha ben poco senso, perché potrebbe durare il tempo di un sospiro e terminare nella tomba. Spesso quello che fai sembra inutile e senza senso, perché c'è gente che fa poco o nulla e campa bene lo stesso, anzi, se la ride del tuo affannarsi, perché - tant'è - di fronte al senso finale della vita, che tu abbia lavorato molto o poco, fa lo stesso: sia il fannullone sia l'accanito lavoratore muoiono, e tutto termina lì. E con te nella tomba non ti porti nulla, per cui è inutile star lì a dannarsi. Meglio non diventare matti, visto che ogni giorno ha già la sua pena: pure la notte ha le sue pene, perché spesso non riusciamo nemmeno a dormire bene pensando alle cose che dobbiamo fare il giorno dopo e alle ansie che ogni nuovo giorno porta con sé. Che vita grama: correre a destra e sinistra per tirare insieme poco, e vedere che per di più quello che fai non solo non torna a vantaggio tuo, ma di tutto questo spesso se ne avvantaggiano altri che non hanno fatto nulla! Che senso ha una vita così? Che senso ha investire energie, tempo e soldi in una vita che riserva quasi sempre solo amarezze, sacrifici e preoccupazioni? È tutto così inutile, vano, insensato, ed è pure Parola di Dio! Sì, avete capito bene: questa è Parola di Dio! Non è diventato pazzo chi ha letto la prima Lettura di oggi! Al termine di quanto è stato proclamato, prendendolo dal Libro di Qoélet, ci è stato detto che a parlare non è "l'uomo della strada" di qualsiasi epoca storica: è un uomo ispirato da Dio e che parla in suo nome, e quindi ciò che lui dice siamo invitati dalla Chiesa ad ascoltarlo e attuarlo come "Parola di Dio"! Che roba è mai questa? Questo sarebbe il Dio della Speranza cui affidare la nostra vita? Un Dio che della tua vita e del tuo "affannarti sotto il sole" per cercare di dare il meglio di te stesso dice: "Tutto quanto è vanità?". Chi definisce l'autore di Qoélet un "saggio ateo" non va molto lontano dalla realtà. Almeno da una prima e realistica lettura. Dio, nell'ispirato e canonico testo in questione, può benissimo starsene ai margini, tra le righe che poco cambierebbe del senso di questo Libro, se non arrivasse un Vangelo come quello di oggi a gettare un po' di luce e a ridarci un pizzico di speranza. Neanche troppa, a dire il vero. Ma per lo meno ci aiuta a fermarci un istante e a porci delle domande su ciò che stiamo facendo. Una, su tutte: “Uomo, dove stai andando?”. Per meglio dire: che senso ha tutto quello che ogni giorno fai, se la tua vita è "vanità" ossia vuoto, soffio, nulla? La vita è vanità, per Qoélet, è un nulla, è vuota, vale quanto la durata di un soffio: hai iniziato a emetterlo, ed è già finito. Per cui: che senso ha vivere ciò che dura il nulla di un soffio, affannandosi come se fosse un assoluto? I progetti che l'uomo fa - pur legittimi ed ragionevoli come quelli dell'uomo ricco della parabola del Vangelo - hanno la consistenza di un soffio. E come tali, difficilmente ti danno la possibilità di godere di ciò che hai costruito in tanti anni di lavoro, sacrifici, affanni e rinunce. Probabilmente, a una vita così, manca qualcosa per potersi dire veramente "vita". Ed è il dramma di tutti. Anche dell'uomo ricco. Di chi confida nell'abbondanza di ciò che ha e pensa che la sua vita possa dipendere da questa abbondanza per non avere più affanni e preoccupazioni per molti anni. Di colui a cui guardiamo spesso con invidia, come se fosse veramente felice perché ha tutto e se lo può godere: soldi, divertimento, abiti, macchine persone a sua disposizione, successo, potere economico e quasi sempre anche politico... tutto, veramente tutto! Le uniche cose che gli mancano sono le ansie, gli affanni, le preoccupazioni che gli uomini comuni hanno in abbondanza. Forse nella tomba riuscirà a portarsi qualcosa di quello che ha? Siamo sicuri che - oltre alle preoccupazioni che invece ha l'uomo della strada - non gli manchi pure il senso della vita? Non sarà che ha tutto, ma proprio per questo gli manca Dio? E di fronte "alle cose di lassù", come le chiama Paolo? Di fronte a un Assoluto al quale deve render conto, in qualsiasi momento, della propria esistenza, come la mettiamo? Per grazia di Dio ci sono stati nella storia - e ci sono anche oggi tanti Santi e tante persone semplici che si sono abbandonati alla Provvidenza senza timore di restare delusi. Chi sceglie Dio è il vero ricco, perché non fa dipendere la vita da ciò che ha, ma da ciò che è, e cioè un figlio di un Padre ricco in misericordia. Pensiamo a tante persone che conosciamo, di cui sappiamo che non hanno chissà che conto in banca, ma che vivono nella gioia di accontentarsi di ciò che hanno, facendo leva sulla ricchezza dell'amore… e sono veramente contenti! La risposta positiva all'ansia che suscita la Parola di oggi ci viene data dall'apostolo Paolo. Noi siamo risorti con Cristo: ecco il senso splendido della nostra vita. Siamo chiamati, con Lui, a guardare in alto, a sollevarci dalle occupazioni della terra per scoprire il tesoro che ci attende nei cieli. Occorre lasciare l'uomo vecchio e rivestirci del nuovo, riscoprendo la fonte di vita. Rinnovandoci ad immagine di Dio possiamo rivestirci della vera ricchezza. Qoélet, questo grande saggio apparentemente senza Dio, terminerà il suo meraviglioso e attualissimo libro con l'invito, in un'esistenza così inutile, a cercare proprio Dio e ad affidare a lui i nostri progetti. È vero: né l'uomo senza Dio, né l'uomo che ha Dio possono cambiare la sorte della loro esistenza. Qoélet ce lo dice in modo immediato e drammatico, il Vangelo ce lo ricorda con una parabola: tutta la vita è "hebel", un soffio, un nulla, è tutta una vanità. È "come l'erba che germoglia - ci dice il Salmo - che al mattino fiorisce e alla sera è falciata e si secca". Ma se invece di accumulare tesori per me, mi preoccupo di arricchirmi presso Dio, alla fine del mio "affannarmi sotto il sole" mi resta per lo meno Lui. Che con me nella tomba ha il coraggio di scendere, me ne ha già fornita la prova. E - detto con tutta sincerità - se ho Dio, questo mi basta.

Stampa Email

Autobus ATV

Giorni Feriali
Linea 70 (fermata Piazzale del Cimitero)
Linee 11-12-13-51 (fermata Chiesa di San Paolo) - 300m a piedi
Giorni Festivi
Linea 94 (fermata Piazzale del Cimitero)
Linee 90-92-98 (fermata Chiesa di San Paolo) - 300m a piedi