3 Domenica di Quaresima

Samaritana Rupnik1Il mosaico è di Marko Ivan Rupnik e porta il titolo: “Gesù e la Samaritana”. Questo mosaico si trova Nella Casa di Incontri Cristiani di Capiago in provincia di Como.
Nell’immagine della donna di Samaria al pozzo di Giacobbe, il tema principale è quello dell’acqua viva e dello sposalizio. Nella tradizione di Israele il pozzo è il luogo del fidanzamento ed è bello pensare che i ragazzi andavano lì ad attendere le ragazze. Qui, chi attende, è Gesù.Viene una samaritana, che è anche una grande peccatrice e Gesù le dice: “Dammi da bere”.

Gesù ha chiesto da bere - anche sulla croce dirà: “Ho sete!” - ma in realtà è per risvegliare in lei un’altra sete, più importante, di cui non ha ancora preso coscienza. La Samaritana un po’ lo prende in giro ma poi, messa alle strette da Gesù, si accorge che quest’uomo “ha capito”, perciò lo ascolta e alla fine, vinta dallo stupore, lascia lì la sua brocca e corre dai suoi concittadini. Quella brocca - nel mosaico dipinta con i colori di un’urna funeraria – è la sua vita di prima: la sua sete di amore e di vita (cinque mariti), le sue speranze e i suoi progetti, tutto quello che ha portato nel cuore e che ha appassionatamente cercato senza trovare... Ora ha trovato e corre a dirlo a tutti.
La sua mano protesa a indicare Gesù è la sua fede di cui ormai è testimone nella vita. 
Gesù stringe al petto una giara. È la sesta delle cinque che stanno a terra alla sua sinistra. Sono le giare di Cana di Galilea, dove egli ha cambiato l’acqua in vino. A Cana era in un banchetto di nozze, qui è nel luogo del fidanzamento.
Nell’Antico Testamento, il rapporto tra Dio e il suo popolo è sempre detto in termini di sposalizio, di matrimonio. Ma qui - a Cana e più in generale in Israele – la frase: “Non hanno più vino” significa che non c’è più l’amore, la festa e la gioia… il rapporto di cui il matrimonio è simbolo è inaridito, svuotato nell’esteriorità e nel formalismo. 
Maria lo dice a Gesù e Lui, di rimando: “Perché me lo dici? Non è ancora venuta la mia ora!”. La sua “ora” è la croce; Gesù sa di essere venuto per ridare contenuto e verità all’alleanza, ma sarà a prezzo del suo sangue.
Per questo il mosaico sottolinea che l’acqua viva di cui parla alla donna di Samaria e che dona anche a noi, scaturisce dal suo costato trafitto: e il simbolo di questo, nel mosaico, è la giara che Gesù stringe al petto. Quest’acqua indica lo Spirito e la Parola. Non solo lo Spirito Santo, ma la Parola accolta nel profondo del cuore per opera sua e resa “vita per sempre”. Gesù Verbo e Parola di Dio a cui lo Spirito ci fa assomigliare, rendendoci creature nuove.
Lo Spirito Santo, nel mosaico, è indicato anche nel vento che attraversa tutta la scena e che porta il mantello di Gesù ad avvolgere la Samaritana. È l’immagine straordinaria di un Dio che lega a sé in un rapporto sponsale: questo è, nella cultura del tempo, il significato del mantello di un uomo proteso verso una donna.

L’immagine è zero, la sete è tutto. Ascolta la tua sete.
Così recitava lo slogan pubblicitario di una nota bevanda gassata, qualche anno fa, copiando il Vangelo. La sete è tutto.
Lo sa bene chi ha acqua una volta a settimana, nelle proprie case, o chi affronta cinque piani di scale per portare in casa qualche litro d’acqua in bottiglia. La sete è tutto: lo sa bene chi abita nei paesi caldi o chi sale in montagna e ha bisogno di molti liquidi per reidratarsi.
La sete è tutto, quella materiale, fatta d’acqua, l’oro del futuro che sarà forse l’origine dei nuovi conflitti fra i popoli, ma anche la sete del cuore, quella che ti inaridisce la vita, se non incontriamo nulla che possa dissetare il bisogno di felicità che portiamo nel cuore.
Non ditelo alla Samaritana.
Non ditelo a Dio.
Ha sete, Dio. Stanco, siede al pozzo di Giacobbe, a Sicar, nell’ora più calda della giornata, nella brulla Samaria. Ha sete d’acqua, ma, molto di più, ha sete della fede della donna che viene a prendere acqua in quell’ora improbabile, per non essere vista dai suoi concittadini.
Dio è stanco. Stanco di cercare un uomo che lo fugge.
Stanco di cercare un uomo che si disseta ad acqua stagnante, che crede di sapere, che vaga cercando risposte. Che muore di sete a pochi metri dalla sorgente chiara e limpida.
È stanco, Dio. Ma non importa: aspetta la donna, simbolo della Samaria, terra di mezzo, residuo della gloria del Regno del Nord di Israele, raso al suolo dagli Assiri nel 722 e, da allora, diventato terra dalle molte fedi. Dio si spinge nella difficile terra dei samaritani, rischiando la vita, pur di riconquistare la sposa.
Da quando in qua un maschio ebreo rivolge la parola ad una donna samaritana? La durezza e la diffidenza della samaritana si spiegano per due ragioni storiche ed una personale: c’è odio fra ebrei e samaritani, una lunga storia fatta di dispetti e di diffidenza; una donna, poi, non è autorizzata a parlare in pubblico e, infine, lei non ha voglia di ricevere ulteriori attenzioni da un maschio.
Pensa, la donna, che forse quest’uomo la stia abbordando.
Ha perfettamente ragione: lo Sposo vuole riconquistare la sposa ferita. Gesù lo sa e insiste con delicatezza, proponendo un dialogo che è un capolavoro di pedagogia.
Lui non è solo un maschio ebreo, dice, è uno che la può dissetare nel profondo.
La donna, diffidente, chiede lumi, e li riceve. Sì, questo straniero si propone come qualcuno che nasconde un segreto. L’ambiguità fra l’acqua di fonte e l’acqua interiore permane: Gesù giunge a dire che invece dell’acqua stagnante può donare acqua di sorgente, anzi, che la donna può diventare essa stessa una sorgente. Folle… ma vero!
Bene, è fatta, la donna chiede l’acqua che disseta. Gesù però bruscamente, cambia discorso: “Va’ da tuo marito”. Non ha marito, la donna, vive una vita affettiva frammentata: ha avuto cinque mariti. In Israele solo l’uomo può divorziare; questa donna è stata abbandonata quattro volte. Non è un moralista, il Signore: vuole portare questa donna a capire che ha cercato di dissetarsi all’acqua di un’affettività possessiva ed illusoria, di rapporti frettolosi e non autentici. Come facciamo talvolta anche noi e questo mondo che pensa che l’amore sia una merce di scambio, solo un rimedio alla solitudine.
Se l’amore non proviene e porta a Dio, spesso diventa un idolo che lo sostituisce.
È scossa, la donna: lo Sposo le chiede ragione del suo tradimento. E lei fugge… la butta sul religioso!
Quante volte mi è successo! Davanti alla fede, preferiamo discutere di religione.
Davanti alla Risurrezione di Gesù, preferiamo discutere della Chiesa e del suo denaro. E Gesù ci sta, la asseconda. No, non è Garizim il luogo dove adorare Dio. E forse nemmeno Gerusalemme. Dio va adorato nello spirito e in verità.
Domanda ingenua, quella della Samaritana: il tempio dei samaritani era stato raso al suolo dagli ebrei un secolo prima. E, comunque, lei, pubblica peccatrice, non avrebbe potuto mettervi piede.
E Gesù la rassicura: Dio la sta cercando ovunque, anche se non può fare la comunione. Vacilla, la donna. Chi è questo maschio ebreo che le promette il dono della felicità, che le offre rispetto, che esige autenticità assoluta? La risposta gliela dà Gesù stesso: Io sono. Sono io il Dio che ti parlo.
La brocca resta a terra, vuota. Il cuore, invece, è pieno.
La pubblica peccatrice, la ragazza fragile, la donna facile, ora corre dalle persone che rifuggiva e il suo limite diventa occasione di annuncio: “C’è uno che mi ha letto la vita, che sia lui il Messia?”.
I samaritani sono molto meravigliati: che dice questa poco di buono?
Vanno al pozzo e vedono. E credono.
Anche i nostri limiti, anche le nostre fragilità, anche i nostri peccati diventano occasione di annuncio e di vita nuova nel Signore Gesù.

Stampa Email

Autobus ATV

Giorni Feriali
Linea 70 (fermata Piazzale del Cimitero)
Linee 11-12-13-51 (fermata Chiesa di San Paolo) - 300m a piedi
Giorni Festivi
Linea 94 (fermata Piazzale del Cimitero)
Linee 90-92-98 (fermata Chiesa di San Paolo) - 300m a piedi